I raccoglitori di legna e l'Uncinaia

Nei giorni delle piene del Tevere, gli uomini imbracciavano l’uncinèa e raccoglievano la legna trasportata dal fiume. Un mestiere antichissimo, tramandato da padre a figlio.

Uomini intenti a raccogliere legna a Pretola (Perugia)

Cultura materiale e mestieri: I raccoglitori di legna e l’Uncinaia

Storia e ambiente

I raccoglitori di legna e l’Uncinaia

Inizio ricerca 2006

Fin dalla metà degli anni sessanta del ‘900, gli uomini di Pretola, quasi tutti lavoratori edili – muratori, carpentieri, manovali, etc. – si recavano di buon mattino in città, percorrendo a piedi “la corta” (breve sentiero che collegava il fiume alla città). Raggiungevano, per lavoro, i propri cantieri (era il periodo della grande espansione urbanistica di Perugia).
Però, nei giorni di piena del Tevere (che puntualmente si ripeteva 3 o 4 volte ad ogni stagione invernale), questi lavoratori tornavano velocemente al fiume, trasformandosi in “raccoglitori di legna” (o uncinatori ), un mestiere antichissimo, tramandato da padre a figlio.

Le piene

Le “piene”, costituivano per le famiglie del paese una vera risorsa. La forza delle acque trasportava (e ancora trasporta) tanta di quella legna, che se raccolta, costituiva una vera fortuna. Infatti, la legna era indispensabile per scaldarsi, fare il bucato, cucinare e per altre attività della vita domestica.

L’uncinaia

Per la raccolta della legna veniva, e ancor’oggi viene utilizzata l’uncinaia , uno strumento di legno simile ad un’ancora, che si ricavava dall’acero campestre (stucchio), la pianta che sosteneva la vite (c.d. vite maritata), molto diffusa nelle colline umbre di quegli anni.

Barca e puntone

I racconti di Anselmo Diarena

L’uomo del fiune (Febbraio 2007)

Pescatore, renaiolo, uncinatore. Anselmo Diarena, classe 1927, come molti altri della sua generazione ha vissuto tutta la sua vita vicino al fiume e con il fiume, in una simbiosi quasi totale.

Racconta Anselmo

… “Sono nato e ho abitato sempre a Pretola, il Tevere ha fatto sempre parte della mia vita, sin da quando ero piccolo. Da giovane, andavo con i miei amici a nuotare sulle sponde del fiume, realizzammo una pista da ballo per le sere d’estate. Con loro facevo anche da bagnino per gli incauti cittadini che, la domenica, venivano da Perugia a Pretola per fare il bagno e, non sapendo nuotare, rischiavano spesso di affogare. Ricordo di averne salvati tanti – prosegue – ma a volte purtroppo arrivavamo tardi e non c’era niente da fare.
Crescendo, ho poi svolto tutti i lavori che si potevano fare lungo il Tevere e quando, nel 1965 ho trovato un’occupazione diversa (il gruista), quello che prima facevo per mestiere ho continuato a farlo per passione”.

L’Uncinaia e i ‘pòsti’

Grazie al fiume la famiglia Diarena, come altre famiglie della zona, trovava il proprio sostentamento. “Oltre alla pesca – ricorda Anselmo – raccoglievo la sabbia per venderla a Perugia e quando c’erano le piene andavo con l’uncinaia (l’uncinèa) a recuperare la legna che serviva per casa”. Una sorta di àncora di legno di ‘stucchio’ (acero campestre).
L’Uncinaia a quattro o cinque punte, legata ad una corda veniva lanciata in acqua per prendere la legna che galleggiava, e portarla a riva. Una pratica tuttora in voga, anche se siamo rimasti in pochi – sottolinea Anselmo – io continuo ad andare sempre al fiume, la sera, quando sale l’acqua o c’è la piena. In questo modo, anche quest’anno sono riuscito a raccogliere tanta legna da poter scaldare completamente la mia casa. Una passione, questa, che Anselmo ha tramandato al figlio Ascanio (“di lavoro faccio il meccanico, ma appena ho un minuto libero vado al fiume”) e quindi ai nipotini, che hanno già una piccola uncinaia per esercitarsi.

“Una volta, nel dopoguerra – ci racconta – le famiglie che vivevano a Pretola, sulle sponde del Tevere, avevano ognuno il suo ‘pòsto’ e da lì, quando c’era la piena, pescavano o lanciavano l’uncinaia”. Dei 9 pòsti originali, pontili di pietra che si sporgevano verso il fiume, oggi è rimasto rimasto solo quello di ‘Gigio’ (dal nome di chi un tempo vi abitava) mentre gli altri sono stati tutti sepolti dalla terra che il corso dell’acqua ha fatto sedimentare in questi 50 anni (negli anni ’80, vi è stata portata anche tanta terra per volontà della Circoscrizione locale)”. Un lavoro particolarissimo, quello dell’uncinatore, utile a mantenere anche il fiume sgombro da tronchi o rami che, in caso di piena, potrebbero ostruire le campate dei ponti che incontra lungo il suo cammino.

“La nostra principale preoccupazione – ammette Anselmo – era trovare legna per scaldarci. E poi, potevamo anche raccogliere materiale che ci serviva per altri lavori importanti”. Così era il caso dell’uso dell’uncinaia “da donna”, con i bracci legati tra di loro, che serviva per recuperare piccoli frammenti di legna (patume, ticchiareglie) che, opportunamente bruciati servivano alle lavandaie per fare il bucato. Una pratica, quindi, strettamente legata anche ad altre occupazioni oggi in disuso. L’operazione di lancio e raccolta legna, ad esempio, veniva chiamata anche limatura, per il fatto che l’Uncinaia era legata ad una corda di canapa, “erano molto migliori di quelle di adesso, di nylon” – lamenta Anselmo – “che si intrecciano facilmente e non valgono niente”. La lima, preparata appositamente, nel caso degli uncinatori di Pretola, dal cordaio Azelio Tamantini di Ponte Valleceppi.

“Il fiume ci dava tutto – conclude – ed è un peccato vedere come si è ridotto ora, con tutto l’inquinamento, è una desolazione. Vedere, durante la grande piena dell’anno scorso, l’acqua trasportare più oggetti (buste, cartacce, rifiuti ) che legna, mi ha fatto davvero male”. Parola di un uomo che, a ottant’anni, ancora non ha problemi a mettersi a ‘mollo’, che vive il Tevere e il suo mondo “come una festa” continua e che, sottolinea scherzando – ma non troppo – può dire “di aver dormito più vicino al fiume che alla moglie!”.

Cos’è l’Uncinaia (l’uncinèa)?

Approfondimento

L’uncinaia era, ed è uno strumento di legno (in genere di Acero campestre) che serve per raccogliere la legna che il fiume Tevere trasporta durante le piene, la sua forma è simile a quella di un’ancora, con quattro uncini ed un asse centrale a cui è legata una fune (lima), utilizzata per il lancio ed il recupero dell’uncinaia.

L’Acero Campestre (Acer Campestre) “Stucchio” in dialetto

L’acero campestre, qualche decennio fa, era un albero utilizzato quasi esclusivamente come sostegno dell’ albero della vite da uva. Le due piante crescevano in simbiosi: la vite si sviluppava avvolgendo sia il tronco che i rami dell’ acero. I due diventavano così quasi un corpo unico. Solitamente le coppie (acero-vite) venivano impiantate in lunghe file tra un campo coltivato e l’ altro, distavano tra loro circa una decina di metri.

I filari

A volte tra un acero e l’ altro venivano stesi dei fili di ferro, per far sì che le viti sviluppassero i loro tralci lungo gli stessi fino a ricongiungersi fra di loro. Queste file di alberi (filari) di solito dividevano un appezzamento di terra dall’ altro e quindi anche colture agricole diverse, per es. tabacco/mais, grano/girasole, ecc…
Inoltre questi alberi erano rifugio sia di uccelli che di insetti utili alle colture stesse. Con l’ avvento dell’ agricoltura moderna e quindi di colture intensive, questi alberi erano diventati un ostacolo per il passaggio dei grandi e moderni mezzi agricoli e quindi tutti gli alberi (aceri e viti) furono espiantati.
Nei vigneti reimpiantati in seguito con nuove tecniche, non si utilizzarono più aceri campestri come sostegno, ma dei pali in cemento (colonnini). Da quel periodo in poi il paesaggio agricolo fu modificato radicalmente. Oggi, in terreni marginali non più coltivati, si può ancora vedere qualche raro esemplare di acero campestre.

Come si costruiva l’Uncinaia

L’uncinaia non è altro che un ramo di un albero. Come più volte ricordato, l’albero da cui si ricavava l’uncinaia era l’acero campestre (stucchio). I rami di questo tipo di pianta erano molto robusti ed elastici, inoltre, tra gli stessi, nelle prime fasi di crescita già si potevano individuare alcune potenziali ”uncinaie”.

Un patto con i contadini

All’inizio della primavera, durante il periodo di potatura degli alberi, i raccoglitori di legna, in accordo con i contadini, cercavano di guidare questi rami con apposite legature per fare in modo che, durante la crescita , assumessero quella forma tipica dell’uncinaia. Quindi, una volta cresciuti, i rami venivano tagliati e, dagli stessi, ne veniva ricavata l’uncinaia.

La corda di canapa (circa 30 mt.)

Alcuni decenni fa era ancora in uso la coltivazione della canapa, usata principalmente per la costruzione delle funi, utilizzate in agricoltura, in edilizia, usate anche per l’ uncinaia.
Una bottega di artigiano “cordaio” era attiva a Ponte Valleceppi fino agli anni settanta.

Come si utilizza l’Uncinaia

 Il raccoglitore di legna tiene nella mano sinistra la matassa di corda “lima” (circa 30 m), con l’ estremità della stessa legata all’ avambraccio sinistro. Con la mano destra afferra l’ uncinaia per l’ asse centrale a cui è legata l’ altra estremità della corda. Al passaggio del tronco d’ albero nel fiume, il raccoglitore si prepara al lancio (porta l’ uncinaia indietro rispetto al suo corpo, controlla che la corda non sia impigliata, effettua un rapido calcolo di lancio in base alla distanza del tronco e alla velocità dell’ acqua), infine effettua il lancio, l’attrezzo vola trascinando con sé la corda e ricade in acqua, al di là del tronco, con una rapida mossa il raccoglitore tira la corda e di conseguenza gli uncini dell’ attrezzo arpionano il tronco.

L’uomo contro il fiume

Ora inizia la lotta contro la forza dell’ acqua per trascinare il tronco fino a riva. A volte il raccoglitore di legna è costretto a chiedere aiuto ad altre persone per riuscire a portare a riva i tronchi più grandi.

I luoghi d’utilizzo dell’Uncinaia

Chiaramente il luogo dove si pratica la raccolta della legna con l’uncinaia è la riva del fiume durante le piene autunnali e primaverili. Ogni famiglia di raccoglitori di legna aveva un proprio “posto” per la raccolta di legna con l’uncinaia. Il lato a fronte del fiume era di circa 2 o 3 m, l’ altezza era tale che anche in caso di piene grandi, il “pòsto” non venisse sommerso dall’acqua e quindi permetteva al raccoglitore di lavorare.

Piccoli moli

I “posti” erano come dei piccoli moli, venivano costruiti dalle famiglie stesse con delle pietre raccolte nel fiume, con la tecnica del muro a secco. Ogni “pòsto” prendeva il nome o il soprannome del raccoglitore che l’ aveva costruito. Per es: pòsto di Vergone, pòsto di Gigio, pòsto di Cencio, pòsto del Bianchino, pòsto dei Diarena, pòsto d’Armando, ecc.

I raccoglitori di legna

I raccoglitori di legna erano gli uomini di alcune famiglie del paese,in genere il loro abituale lavoro era nel settore dell’edilizia (muratori,manovali,ecc..) che ogni giorno dal paese andavano in città per lavorare. Nei giorni in cui il fiume era in piena,si assentavano dal lavoro per poter raccogliere la legna da usare come combustibile per cucinare e riscaldare la casa.
Le famiglie dei raccoglitori di legna che usavano la tecnica dell’uncinaia erano una decina. Altre famiglie che non utilizzavano l’uncinaia, raccoglievano la legna che era rimasta impigliata tra i rami degli alberi lungo la riva, dopo che la piena del fiume si era ritirata.
Da notizie e racconti di personaggi del luogo, risulta che tra tutti i paesi esistenti lungo il fiume,(tratto di fiume Tevere del Comune di Perugia) a Ponte Pattoli, Ponte Felcino, ma soprattutto nel borgo di Pretola si usava, e ancora si usa, la tecnica dell’uncinaia (in altri borghi, questa tecnica si chiamava “lima” o, limatura).

Una tradizione viva

Alcuni personaggi di Pretola (Anselmo, Giorgio, Mario, Claudio, Ascanio) ancor’oggi, durante i periodi di piena del Tevere, si esibiscono nel lancio dell’uncinaia, quasi come se fosse uno sport, cosi facendo contribuiscono a mantenere viva questa tradizione.

Progetto Didattico – Incontri con le scuole

Progetto “I  Raccoglitori di legna e l’Uncinaia”

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