Il Lanificio di Ponte Felcino
Visione dall’alto dell’ex-Lanificio di Ponte Felcino (Perugia)
Archeologia industriale: Il lanificio di Ponte Felcino
Storia e ambiente
Premessa
Una storia più che secolare, come si legge nella lapide all’interno dello stabilimento, che è rimasto ubicato nello stesso luogo originario. Nonostante le trasformazioni per gli interventi delle ristrutturazioni a seguito delle distruzioni belliche, dell’originaria architettura neoclassica, conserva solo la struttura a più piani e l’organizzazione degli spazi interni. L’avvio dell’attività iniziò grazie ad imprenditori locali quali i Bonucci, probabilmente nei primi decenni dell’800 con Leopoldo Bonucci e poi con suo figlio Alessandro, affiancato dal fratello Leone.
Il prezioso tessuto alpagà
Il lanificio si rese famoso per il prezioso tessuto “alpagà”, esposto all’Esposizione del 1855 a Perugia, e per il diploma di primo premio ottenuto all’Esposizione del 1858. Fu in quest’anno che i fratelli Bonucci iniziarono la costruzione di un nuovo stabilimento a Ponte Felcino, lungo la riva destra del Tevere, di fronte alla villa acquistata dal padre. Ultimato nel 1861, con i suoi 2.236 mq, iniziò la sua attività nel 1862. Nel 1867, all’Esposizione universale di Parigi, i prodotti del lanificio ottennero una “menzione onorevole”.
Una forza straordinaria
In quegli anni la fabbrica contava 6 filande,7 carde e 30 telai. La forza motrice era ricavata da due motori, di cui uno alimentato dall’energia idraulica dalle acque del Tevere e l’altro a vapore. Vi lavoravano 65 operai, tra cui 12 donne, che ottenevano un salario annuo di 35.000 lire. Morti entrambi i fratelli, la direzione passò al giovane Lucio Bonucci di soli 19 anni, che “ ne curò lo sviluppo con passione, intelligenza e tenacia”. Nel 1879 la produzione venne premiata all’Esposizione di Perugia con la medaglia d’oro.
Il primo Novecento
Nei primi del ‘900 divenne il secondo stabilimento per importanza dell’allora “ provincia dell’Umbria” e si passò, a seguito di un notevole incremento della forza motrice e di un rinnovamento delle macchine, dai 104 operai del 1904 ai 220 operai, di cui due terzi donne, nel 1913. I salari variavano tra i 1,90 e 5 lire per gli uomini, da 1 a 2,50 per le donne e da 50 cm a 1 lira per quelle sotto i 14 anni. Si producevano soprattutto stoffe e coperte per le amministrazioni militari.
Bibliografia: P.P. Vicarelli
Vedi: interviste ad alcune operaie, in P. P. Vicarelli ( cit. in bibl.) pp.206-207
Bibliografia: R. Rossi
Vedi: Lo stato socio-economico delle famiglie operaie nei suoi progressivi mutamenti, in R. ROSSi, Ponte Felcino Ponte Valleceppi Pretola. Da borghi rurali a realtà urbane, a cura di R. Rossi, 1992, Perugia1992, p. 53 ss.
Il dopoguerra
Con la difficile congiuntura del dopoguerra, il lanificio, nel 1919, fu rilevato dalla Società Industrie Tessili Italiane (SITI) di Torino, finché l’anno successivo, nel 1920, la direzione passò a Silvio Guelpa, di origine biellese ( personaggio chiave nella storia del lanificio) che la tenne fino al 1950. Realizzati notevoli investimenti in macchinari, negli anni ’30 il lanificio risultava una grande azienda, che incrementò le esportazioni verso l’Inghilterra, e che nel 1939 occupava ben 360 persone. Durante la II guerra mondiale subì danni gravissimi a causa dei bombardamenti aerei e per opera delle truppe tedesche in ritirata, che ne requisirono la centrale elettrica. Ulteriori danni provennero nel novembre 1944 dallo straripamento del Tevere.
La rinascita e poi la crisi
La ripresa nel dopoguerra raggiunse i livelli dell’efficienza prebellica, con nuove produzioni ( i pettinati), fino a registrare nel 1950 il numero di 400 operai. Fu l’anno della morte di Silvio Guelpa; l’eredità aziendale passò ai figli Giancarlo e Marco. Negli anni ’60 raggiunse il n. di 468 operai , più i 98 delle confezioni “La Falce” ( o Felce?) e quelli della Grifoplast , di attività nautiche, entrambe collegate ai Guelpa, fino alla crisi del 1968, che continuò negli anni ’70 del ‘900 con decremento continuo dell’occupazione (analogamente alla situazione nazionale), fino ai 280 addetti del 1988.
Dal 1972 azionista principale divenne Umberto Ginocchietti, che perseguì una politica di innovazione tecnologica volta alla componente tessuti, più che filati, e alla qualità, orientata a soddisfare le richieste dei principali stilisti e confezionisti italiani. Verso la fine degli anni ottanta e inizi novanta del 1900, la gestione Ginocchietti, sempre più accentratrice e inadeguata per gli impianti arretrati e fatiscenti, oltreché dispendiosa per investimenti superflui, e minata da una grave e progressiva malattiasi alienò gli ambienti dell’alta moda italiana e i rapporti commerciali con il mercato tedesco.
Gli anni recenti
Dal 1992 la situazione economica si aggravò pesantemente fino alla messa in liquidazione del 1996. Seguirono vari scioperi e manifestazioni del personale con il coinvolgimento della cittadinanza, tra cui, da ricordare l’occupazione della fabbrica da parte delle operaie nei mesi luglio e agosto del 1996, che ne tennero in funzione i macchinari. Nell’agosto dello stesso anno il Tribunale civile di Perugia trattò con l’imprenditore Manrico Calzoni, che annunciò le linee guida per il rilancio della fabbrica, giungendo all’acquisizione nel 1998.
L’inaugurazione avvenne nel luglio dello stesso anno, dopo lavori di ristrutturazione anche pesanti, sia esterni che interni, che portarono alla demolizione di varie parti strutturali e alla scomparsa delle vecchie macchine e della documentazione storica, nell’indifferenza quasi generale. Di fatto con la nuova gestione “Manifatture Associate di Ponte Felcino 1862 S.p.A”, poi trasformatasi in “Manrico S.p.A.”, la produzione è passata dalla lana al cachemire, riducendosi attualmente a solo 30 operai.
Al centro continua a dominare la vecchia ciminiera, dopo un intervento di cerchiaggio e un consolidamento statico.
Mappe e itinerari
Descrizione del sito
L’edificio, di origine ottocentesche, ha subìto varie ristrutturazioni, soprattutto a seguito delle vicende belliche, e rappresenta il complesso architettonico più importante della località di Ponte Felcino e del contesto fluviale del Tevere nel territorio perugino, dominando la riva destra del fiume. Originariamente una strada congiungeva la fabbrica direttamente con la villa Bonucci (oggi sede della Scuola di Giornalismo), massa imponente che domina il versante della collina di Monte Poggio Pelliccione, segnata dal grande parco, dai filari di cipressi, dalle ampie distese delle colture e dei vigneti.